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Comune di Prato

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04/09/2004 12:23
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'L'armadio della vergogna': l'incontro di ieri a Figline per non dimenticare apre le celebrazioni per il 60° anniversario della Liberazione di Prato

Con la deposizione di un mazzo di fiori da parte del sindaco di Sant'Anna di Stazzema Michele Silicani al Monumento dei 29 Martiri di Figline è iniziato ieri sera 3 settembre il programma di celebrazioni in onore del 60° anniversario della Liberazione dela città dall'occupazione nazi-fascista. Il sindaco Silicani era accompagnato dal superstite della strage di Sant’Anna e vice presidente dell’Associazione “Martiri di Sant’Anna di Stazzema” Ennio Mancini, dal vice Presidente del Consiglio Regionale della Toscana con delega alle celebrazioni per il 60° anniversario della Liberazione in Toscana Enrico Cecchetti, dalla parlamentare Ds Ambra Giorgi, dall'assessore alla Mobilità Massimo Carlesi, con delega per il Comitato della commemorazione, e dal presidente della Provincia Massimo Logli. L'omaggio ha preceduto l'incontro pubblico “L’armadio della vergogna e i processi contro gli autori degli eccidi nazi-fascisti in Toscana' al Museo e Centro di documentazione della Deportazione e della Resistenza di Figline. L'incontro, coordinato dalla responsabile del Museo Camilla Brunelli ed organizzato dal Comitato per le celebrazioni, dal Comune, la Provincia e la Regione, ha riscosso grande partecipazione da parte dei cittadini. 'L'armadio della vergogna', ovvero i 2200 fascicoli relativi a stragi di civili rimaste impunite perchè vennero occultati appunto in armadi rinvenuti recentemente alla Procura militare di La Spezia. A Sant’Anna di Stazzema, nell’Alta Versilia, vennero massacrate 560 persone tra cui donne, anziani e bambini. La più piccola aveva appena 20 giorni. E' certamente uno degli fatti più terribili avvenuti in Europa occidentale ed è strettamente legato all'eccidio di Prato: 29 partigiani della Brigata Buricchi vennero catturati sulla collina di Pacciana ed impiccati dalle truppe tedesche in fuga proprio il giorno della Liberazione di Prato, il 6 settembre 1944. Anche quel fascicolo era “scomparso” nell'armadio degli orrori: l’anno scorso, grazie alle ricerche dello storico Carlo Gentile, emerse il nome del responsabile, cioè il Maggiore della Wehrmacht Karl Laqua. Essendo nato nel 1903 ci sono forti dubbi che Laqua sia ancora in vita, ma la morte non è stata accertata perchè è come svanito nel nulla: così il fascicolo di Prato è in sospeso e non si può nè avviare un'azione contro il responsabile nè chiudere. Le pagine nere della fine della guerra, raccolte con indagini ed interrogatori dagli Alleati e dai Carabinieri, vennero occultate per la ragion di Stato, dato che la Germania stava entrando nella Nato e si voleva quindi evitare una Norimberga italiana, e perchè tra i responsabili e i comandanti di quelle stragi contro civili c'erano tanti italiani. Inoltre i paesi dell'est d'Europa occupati dall'esercito fascista chiedevano giustizia alla Repubblica italiana di fatti analoghi compiuti contro le loro popolazioni e non si voleva quindi aprire quel vaso di Pandora esaminando quei fascicoli. Processare ora, dopo 60 anni, chi volle quegli inutili eccidi, ha chiaramente un significato simbolico, ma chiudere con una sentenza che sancisce la verità dei fatti e le responsabilità per i relatori dell'incontro di ieri ha anche un grande valore di insegnamento per il presente e per il futuro: «Ci sono fatti che non sono giustificati neanche dalla situazione bellica - ha detto Logli - La guerra non può essere la giustificazione di altre barbarie e non si può dire per discolparsi 'facevo il mio dovere'. Ci deve essere un codice di comportamento anche in guerra che dice che certe cose vanno al di là. Capire e sentire questo significa far crescere la coscienza collettiva». Ennio Mancini ha parlato della sua commuovente esperienza a Sant'Anna quel giorno: aveva solo sette anni e deve la vita al fatto che un soldato tedesco appunto preferì non 'fare il suo dovere' disobbedendo agli ordini e sparando in aria. «Ciò che ci ha fatto soffrire di più in questi anni è stata proprio la mancanza di giustizia, - ha testimoniato - quei due interrogativi rimasti irrisolti: chi e perchè? Eravamo solo dei civili inermi. A qualcuno sembra superfluo fare ora il processo a dei vecchi soldati, ma io rispondo che almeno loro sono potuti invecchiare. A tutti quei bambini e quei ragazzi uccisi quel giorno non hanno dato la stessa possibilità. Quando sento dire tutt'oggi che la guerra è la soluzione alla violenza e al terrorismo rabbrividisco e ripenso all' immagini di una donna incinta sventrata, di spari, di impiccagioni col filo spinato. La guerra non è mai necessaria ed amplifica la violenza moltiplicando i problemi». Il tema è quindi più che mai attuale e anche secondo il vice presidente del Consiglio regionale Enrico Cecchetti se i fatti sono analizzati senza revisionismi strumentali ai partiti ma con l'unico fine della verità e della giustizia possono fornire un notevole arricchimento per i giovani e un monito per il futuro, per evitare gli errori e gli orrori del passato: «Dobbiamo costruire l'educazione e la formazione alla pace - ha aggiunto il sindaco di stazzema Silicani - per far tesoro di ogni passo che dalla Liberazione ci ha portato fin qui. Per farlo dobbiamo far luce sulle pagine buie della Repubblica». «Il Comune di Prato da anni investe molto in questo cammino di conoscenza e documentazione per comprendere davvero - ha affermato l'assessore Carlesi - Prato ha vissuto episodi terribili di impiccagioni e fucilazioni anche a Coiano e a San Martino: noi non c'eravamo, ma vogliamo capire a pieno quella pagina così triste della storia ricercando la verità col filo della speranza per il futuro.»
197/04

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