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Comune di Prato

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06/09/2005 15:00
Agenda Rivelato a Figline un fatto poco noto in città

Anche a Coiano un crimine nazista

Nelle stesse ore in cui furono giustiziati 29 partigiani altre sei persone vennero uccise
E' un fatto poco noto in città, ma da esso prese le mosse l'inchiesta alleata sull'eccidio di Figline. Le prime indagini degli americani, nell'ottobre del 1944, successivamente riprese dagli inglesi, portarono alla luce uccisioni perpertate dai nazisti a S. Martino e Coiano, nelle stesse ore in cui, il 6 settembre 1944, furono impiccati 29 partigiani. Prato era liberata, i partigiani stavano scendendo in città e vi fu un conflitto a fuoco con le truppe naziste in ritirata. A S. Martino e Coiano furono però eseguite altre sei escuzioni, fra cui quattro persone (una peraltro non identificata), che non facevano parte di formazioni partigiane. E' un primo rapporto del capitano statunitense T. Marsh, dell'allora Governo militare alleato, intitolato esplicitamente «Crimnini tedeschi, San Martino», che rivela l'uccisione di sei persone (Guido Giunti, Gualtiero Galeotti, Diego Cavicchioli, Giovanni Fossi, Alcide Giorgetti ed un'altra persona non identificata), sulla base delle testimonianze di don Milton Nesi, parroco di S. Martino, e di Goffredo Cangioli residente a Coiano. I primi due, Guido Giunti e Gualtiero Galeotti, erano partigiani, gli altri no. E' il capitano Marsh, nel suo rapporto, a fare il nome del maggiore tedesco della 334° divisione di fanteria della Wermacht Karl Lacqua, responsabile dell'eccidio di Figline. Scrive infatti l'ufficiale americano: «Prima di lasciare la zona l'ufficiale in capo delle truppe tedesche mandò a chiamare padre Nesi e l'accusò di simpatizzare coi partigiani. Gli raccontò anche che 10 soldati tedeschi erano stati uccisi dai partigiani e che erano state messe in atto delle azioni vigorose. Dopo essere stato trattenuto per poco tempo padre Nesi fu rilasciato, il nome del comandante tedesco è maggiore Lacqua». L'episodio fu portato alla luce, due anni orsono, dallo storico Carlo Gentile, e ieri sera a Figline (lunedì 5 settembre), in piazza 29 Martiri, Camilla Brunelli, curatrice del Museo della Deportazione, e Laura Antonelli dell'Anpi giovani, hanno letto il verbale dell'interrogatorio cui fu sottoposto, il 24 ottobre 1944, don Milton Nesi, allora trentaduenne, da parte di due maggiori e un capitano dell'esercito Usa, sui fatti di S. Martrino e Coiano. Del resto il tema della serata, nell'ambito delle iniziative di «Aspettando il 6 settembre», promosse dalla Circoscrizione nord, era proprio dedicato al «6-7 settembre 1944: i fatti di Coiano e Figline». Le uccisioni di Coiano, come l'eccidio di Figline, sono entrati a far parte dell''armadio della vergogna', contenente i fascicoli sulle stragi naziste in Italia, trasmessi dagli alleati alle autorità giudiziarie italiane, occultati nel 1960 e scoperti nel 1994 dalla Procura militare di Roma nel corso delle indagini sul caso Priebke. Da un punto di vista giudiziario, come ha spiegato il procuratore del Tribunale militare di La Spezia Marco De Paolis, che ha celebrato il processo per la strage di S. Anna di Stazzema, sui crimini del settembre 1944 a Prato è stata posta la parola fine, per la morte presunta dell'imputato Karl Lacqua. Ma quei fascicoli, ha detto lo stesso Procuratore, «sono ora a disposizione e possono essere richiesti, basta farne domanda alla procura militare. Se il Comune e il Museo della Deportazione vogliono averli possono farlo». Un invito accolto dal sindaco Marco Romagnoli, che ha detto come «la memoria deve continuare a vivere, altrimenti non si capisce ciò che successe 60 anni fa». Un «confllitto di dimensioni planetarie», l'ha definito lo storico Ivano Tognarini, «contro il nazismo tedesco, il fascismo italiano e l'imperialismo giapponese, di cui la guerra partigiana è un capitolo». Un capitolo a cui la Toscana ha dato un contributo importante, anche in vite umane: la regione più colpita d'Italia per quantità di eccidi e stragi e per numero di vittime, 5000 su 15000. Da qui la proposta dello stesso Tognarini, avanzata al presidente della Regione Claudio Martini e al presidente del Consiglio Regionale Riccado Nencini, di chiedere alla Presidenza della Repubblica di insignire la Toscana con la medaglia d'oro al valor militare. E se fu «un conflitto planetario», per il presidente dell'Anpi provinciale Ennio Saccenti, «non si può parlare di guerra civile quando si ricostruisce la storia della Liberazione»
905/05

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