27/01/2006 17:08
Agenda
La “Giornata della Memoria” nell'ex lanificio Campolmi
«Questa fabbrica è uno dei simboli della repressione nazista»
Il saluto del primo cittadino al Consiglio regionale riunito in seduta solenne
«Questa fabbrica, questi luoghi sono la Memoria». Con queste parole pronunciate nel suo saluto al Consiglio regionale, riunito in seduta solenne per la “Giornata della Memoria” all'ex lanificio Campolmi, oggi sede del Museo del Tessuto, il sindaco di Prato Marco Romagnoli ha ricordato il sacrificio dei 17 operai della Campolmi che all'alba dell’8 marzo 1944 furono prelevati dai nazisti, rinchiusi nel Castello dell’Imperatore, portati a Firenze e da lì trasferiti nei campi di concentramento, segregati in vagoni piombati. Di loro solo uno tornò.
I loro nomi «a rappresentare l’inumana barbarie della deportazione, le atroci violenze dei lager, i luoghi di sterminio e di morte dell’Olocausto» sono riechieggiati per voce del sindaco sotto le capriate dell'ex lanificio: Raffaello Bacci, Aldo Becucci, Ruggero Bettazzi, Renzo Colzi, Tebaldo Franceschini, Franco Franchi, Vasco Fratini, Adelindo Giorgetti, Gonfiantino Gonfiantini, Otello Mariotti, Erasmo Meoni, Ferdinando Micheloni, Emilio Nesi, Ottavio Pecchioli, Palmiro Risaliti, Gino Sugherelli, Donatello Vannucchi.
«Un tributo doveroso - ha proseguito il primo cittadino di Prato - per lavoratori che in tutta la Toscana parteciparono, nel marzo 1944, allo sciopero generale, promosso dal Comitato di Liberazione nazionale nell’Italia centro-settentrionale, contro la guerra, contro l’occupazione, per chiedere pane e libertà».
Furono 133 i pratesi prelevati ed inviati, il pomeriggio dell’8 marzo, dalla stazione di S. Maria Novella al campo di Mathausen. Di questi 133, poi rinchiusi nel sottocampo di Ebensee, solo di 18 fecero ritorno alle loro famiglie.
«Fra questi - ha proseguito il sindaco - che ebbero la possibilità di mantenere aperta la luce e la memoria su quell’orrore, anche Roberto Castellani, scomparso da meno di due anni, che in quei luoghi tornò da subito e che, con coraggio e una paziente opera, aprì la strada, fu il protagonista, del gemellaggio che Prato, la città tutta, partecipa con più intensità: quello appunto con la cittadina austriaca di Ebensee, dove furono rinchiusi i pratesi e dove la gran parte di loro morì».
Un gemellaggio «unico nel suo genere in Europa» l'ha definito il presidente della Regione Claudio Martini, che ha sancito, nelle frasi espresse dal sindaco, «un patto per la pace e la fratellanza, nato e alimentato dalla memoria, dal ricordo vivo della tragedia che sconvolse l’intera Europa. Non fu facile né per la comunità di Ebensee, che ospitò quel campo, né per noi che, certo eravamo le vittime, ma che talvolta siamo troppo inclini a dimenticare che fra i carnefici c’era anche il fascismo agonizzante sorretto dall’occupazione nazista. Eppure proprio la memoria ha aiutato Ebensee e Prato a trovare la strada per affermare insieme i valori di civiltà, di umanità, di tolleranza, di reciproco rispetto».
«La memoria - ha chiuso il sindaco - non si erge come ostacolo o come barriera che separa animi e sentimenti. E' bene ricordare anche perchè quello che è già accaduto una volta può succedere di nuovo, come ad esempio è successo nella nella ex Jugoslavia, perché l’uomo ha in sé anche un’indole negativa. La giornata della Memoria è importante perché serve a ricordare quanto sta nel nostro passato ed è un ammonimento per il futuro».
Fra gli interventi al Consiglio regionale in seduta solenne anche quello di Josef Piontek, rappresentante del Comune di Ebensee. Piontek, dopo aver ricordato che il gemellaggio è nato per volontà di alcuni ex internati pratesi che negli anni sono tornati costantemente in Austria per portare il loro messaggio di pace e la testimonianza, ha detto che «un po’ alla volta Prato ed Ebensee si sono aperte reciprocamente le porte ed oggi le due comunità non solo parlano di pace ma fra loro la vivono».
107/06
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