13/03/2007 15:09
Ambiente
Presentati i risultati di quindici anni di ricerche
Baciacavallo, gli studi non confermano il rischio
Curcio: «Non c'è una relazione diretta fra l'insorgenza di tumori e l'esistenza dell'impianto»
«Non si può mettere in relazione l'insorgenza di alcune patologie tumorali con l'inceneritore per i fanghi dell'impianto di depurazione, ma non per questo sarà abbassata la soglia di monitoraggio, che al contrario sarà alzata come pure i livelli di informazione». La sintesi di tre lustri di studi ambientali su Baciacavallo, e sulle sue ricadute sulla salute della popolazione che abita nelle vicinanze, è stata presentata dall'assessore all'Ambiente Camilla Curcio al Consiglio della Circoscrizione Prato Sud, riunito dalla presidente Luisa Peris in forma “aperta”, con la partecipazione dei cittadini
Quindici anni di ricerche effettuate dall'Istituto superiore di sanità, dall'Asl di Prato e di Firenze, dal Comune di Prato, da Arpat e dalla stessa Gida, dall'Università di Firenze e in ultimo dal Cspo (Centro di epidemiologia ambientale), non solo non hanno portato ad un risultato definitivo, ma come ha spiegato il dott. Francesco Cipriani, responsabile dell'Unità operativa di epidemiologia della Asl di Prato, «i casi di tumore al polmone che si sono manifestati non sono, anche da un punto di vista sanitario, statisticamente significavi». Per cui la conclusione, scritta nelle slide illustrate dal dott. Cipriani, si racchiude nella seguente formula: «Non si può escludere con certezza che non ci sia un rischio, anche se è poco probabile che vi sia».
L'assessore Curcio, che ha partecipato all'incontro insieme al direttore generale della Asl Bruno Cravedi, alla presidente della Società della Salute M. Luisa Stancari, al presidente di Gida Bruno Ferranti e ai dirigenti di Arpat, coi tecnici dei rispettivi enti (Sergio Spagnesi per il Comune, i dottori Luigi Ricci, Franco Ventura e Francesco Cipriani per l'Asl, l'ing. Valeri per Gida, Luciano Giovannelli di Arpat), ha spiegato che l'Amministrazione non ha comunque intenzione «anche se le ricerche escludono una relazione diretta fra l'impianto e l'insorgere di alcune patologie tumorali, di abbassare la guardia, seguendo il principio di precauzione, a cui ci si è sempre ispirati per dare risposta alle preoccupazioni della popolazione, il livello di attenzione continuerà ad essere elevato, così come l'informazione. Intendiamo fare questo percorso coi cittadini, informarli su tutto ed ogni cosa, proseguire il monitoraggio ambientale».
Ed in effetti oltre a consegnare i materiali ai consiglieri circoscrizionali e ai cittadini presenti, il piano d'azione prevede che la Asl prosegua nel monitoraggio della salute delle aree critiche pratesi, con particolare riguardo al territorio della Circoscrizione sud e aggiornando i casi di malattia degli operatori di Gida; che Arpat effettui maggiori controlli nella Circoscrizione, con attenzione alle conseguenze inquinanti, e sulla salute, dell'autostrada e di altri insediamenti industriali; che Gida conntinui nei suoi interventi di riduzione delle emissioni.
Il “caso” di Baciacavallo, impianto in funzione del 1980, inizia con la scoperta, tra il 1991 e il 1994, da parte della direzione di Gida, di 5 casi da tumore (3 al polmone, 1 allo stomaco, 1 al colon) tra i 68 dipendenti della società di depurazione. Uno studio dell'Istituto superiore di sanità, richiesto da Gida, rileva che i cinque decessi da tumore sono effettivamente troppi rispetto al gruppo preso in esame (gli addetti all'impianto), ma che la loro insorgenza potrebbe essere dovuta al caso, allo stile di vita (fumatori), ad altro, anche perchè chiarisce il dott. Cipriani «non ci sono stati altri casi di tumore fra i dipendenti Gida».
L'allarme comunque scatta e si dispongono analisi di sorvegliana ambientale e approfondimenti epidemiologici. Le prime dicono che polveri, metalli pesanti, batteri, muffe e sostanze cancerogene attorno a Baciacavallo sono «in quantità simile ad altre zone pratesi» (le stesse diossine, come ha spiegato Giovannelli di Arpat, sono al di sotto dei limiti di legge: una concentrazione di 0,032 contro lo 0,1 fissato dalle norme); le altre rilevano che entro un raggio di 500 metri dall'impianto si registra in effetti un aumento del tumore polmonare (9 casi sui 7 statisticamente attesi), ma che l'aumento di soli due casi «non è significativo». Inoltre i tumori colpiscono solo maschi «ed è un fatto che comunque attenua l'allarme, perchè questo tipo di tumori dovrebbe colpire anche la parte femminile della popolazione». Nessun tumore invece si registra alla laringe. Conclusione: il rischio di tumori polmonari nei maschi che abitano più vicino all'impianto potrebbe essere dovuto anche al fumo e al loro tipo di lavoro.
L'ultimo rapporto (2006) Cspo in effetti registra che chi ha avuto una storia media di residenza dall'impianto entro 1,5 km ha un rischio maggiore ma non elevato di contrarre un tumore polmonare (circa 2 volte; «poca cosa, il fumo fa aumentare il rischio di 30 volte», chiosa il dottor Cipriani), rispetto a chi vive ad oltre 4 km. E nell'area indagata insistono anche l'autostrada, industrie, elettrodotti. Dal che chiude il Cspo il rischio maggiore «non è sicuro che sia attribuibile alla storia residenziale».
La conclusione degli studi è la seguente: nella zona di Baciacavallo potrebbe esserci un eccesso di tumori del polmone, almeno nei maschi; nel caso non è chiaro il ruolo esatto dell'impianto di depurazione; gli inquinanti rilevati nell'area d'indagine sono simili a quelli riscontrati in altre zone della città.
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