16/04/2009 13:32
Cultura
Inaugurazione il 18 aprile ore 18 Antiche Stanze di S. Caterina
Una mostra per celebrare i 60 anni di arte di Italo Bolano
L'artista risiede da molti anni a Prato
Le Antiche Stanze di Santa Caterina ospiteranno, dal 18 aprile al 9 maggio, la mostra 'Italo Bolano gesto e dramma', promossa dal Comune di Prato con il patrocinio della Regione Toscana, per celebrare i 60 anni di attività artistica del Maestro.
L'inaugurazione è fissata per le ore 18 di sabato 18 aprile.
Bolano, nativo dell’sola d’Elba, risiede ormai da molti anni a Prato ove ha svolto gran parte della sua attività di insegnante e organizzatore culturale in vari quartieri della città.
La mostra presenta le opere più recenti del Maestro, quelle più drammatiche e gestuali alle quali l’artista è pervenuto dopo un lungo percorso che ha esplorato varie tecniche espressive, dalla pittura a olio e acrilico, alla ceramica, alla scultura in acciaio e vetro dallas per realizzare monumenti e arredi urbani di grande impegno espressivo e impatto cromatico.
Il suo stile, sin dall’eta’ di 13 anni, si rivelò molto libero ed espressionista, raggiungendo, già negli anni ’70, una sua particolare pittura gestuale e drammatica che oggi presenta un’ interessante maturità.
Negli anni ’60 Italo Bolano all’Isola d’Elba creò un crocevia internazionale di artisti per diffondere la conoscenza dell’Arte moderna che oggi porta il nome di “Open Air Museum Italo Bolano” riconosciuto tra i sentieri dell’Arte della Regione Toscana.
Vari i temi “forti” toccati in 60 anni dall’artista raccolti in veri cicli , come la “Vita di Cristo”, che occupa una chiesa intera, la “Storia di Napoleone”, inaugurata dalla Regione Toscana a Waterloo e un ciclo legato al poeta Mario Luzi del quale era amico e al quale dedicò un monumento nell’Open Air Museum.
“Ripercorrere, anche per un solo istante, la dimensione creativa di Italo Bolano – dice Angelo Mistrangelo, nel ricco catalogo della mostra - rappresenta un modo di accostarsi al valore dell'esistenza, dei sogni, degli incontri tra uomo e natura, tra l'energia del segno e le forme nello spazio, tra un vibrante cromatismo e la profondità di abissi inesplorati.
In questa dimensione, si identifica il senso di una ricerca che lega la visione dell'artista dell'Isola d'Elba e la parola evocatrice del poeta Mario Luzi. “
Il commento di Andrea Mazzoni
In un celebre film degli anni Settanta, “Così parlò Bellavista”, il professore interpretato da Luciano De Crescenzo divideva gli uomini in uomini d’amore e uomini di libertà: i primi che sentono il bisogno di vivere abbracciati, gli altri che hanno un indole più propensa all’individualità. Lo stesso varrebbe per i popoli e se per “ o’ professore” gli italiani sono un popolo d’amore e gli inglesi un popolo di libertà, i francesi tengono qualcosa dell’uno e dell’altro.
Mi è tornata a mente questa celeberrima scena di cinema nostrano pensando a Italo Bolano, perché credo che egli sia al contempo uomo d’amore - per il suo sentire nella comune appartenenza umana una condivisione esistenziale, una simpatia nel senso che le attribuivano i greci (avvertire insieme) – ed uomo di libertà – un po’per come lo sono tutti gli artisti e un po’ per quell’introversione meditativa che deve pur avere qualcosa a che fare con la dimensione dell’insularità.
Bolano… “francese”, allora? No, Bolano elbano, ma guarda caso la maggiore isola toscana è stata tanta parte del destino del più grande francese di tutti i tempi ed il nostro pittore di Portoferraio ha da tempo fatto del suo centro artistico vicino alla napoleonica villa di San Martino il cuore pulsante della sua visione artistica che coniuga momenti di forte socialità (l’Open Art Museum) a momenti di raccoglimento e isola/mento, necessari per dare sostanza alla sua pittura contemplativa.
Come uomo d’amore, Bolano nutre un tenace attaccamento per quel che ama: amore per il mare, amore per la natura, amore per il silenzio, amore per i propri progetti ed i propri sogni, amore per il lavoro e per l’arte. La sua è una liricità che testimonia di una colleganza ancestrale con gli elementi della natura e di ciò ci parla a tutto tondo la sua passione per la ceramica, arte in cui – rimandando quasi all’ilozoismo degli antichi filosofi presocratici – gli elementi (acqua, aria, fuoco, terra) si fondono in un abbraccio generativo.
Anche il suo bisogno di continuamente viaggiare non è solo un’esigenza artistica, un espediente per offrirsi a nuove esperienze, contaminazioni, suggestioni: è prima di tutto incontro con l’alterità, cioè un ulteriore aspetto attraverso cui si manifesta l’uomo d’amore, che abbraccia gli altri mondi e che arricchisce la sua umanità nella scoperta di ciò che altri hanno messo a disposizione pure per noi, se solo abbiamo voglia di conoscerlo. Anche se, come già nel giardino dell’Eden, il conoscere può voler dire provare sofferenza, perché il “con/sapere” ciò che ci circonda - primo atto, del resto, per poter successivamente interpretare con il segno artistico la realtà - significa anche “con/patire” il dolore che è nel mondo.
Come uomo di libertà Bolano sente che l’artista è un demiurgo, una spiritualità che si fa materia, un sogno o un’intuizione che si fanno tratto, un’emozione incontenibile che si traduce in vibrazioni cromatiche. E poi c’è quell’orizzonte esistenziale e culturale dell’ essere isola che è per Bolano un motivo dell’animo: il suo “libero arbitrio” plasma la pietra umana del suo proprio destino come la libera onda del mare modella le coste e il libero soffio del vento spettina a piacimento le chiome degli alberi o disegna e ridisegna le nubi in cielo.
Mettiamoci poi dentro anche quella libertà di creazione e ispirazione che lo hanno fatto liberamente propendere ora in direzione dell’espressionismo, ora del naturalismo; ora dell’informalità, ora dell’astrattività. E che dire della carica di libertà che risiede nelle suggestioni che gli sono provenute dall’action painting?
C’è qualcosa che tiene insieme questi due “uomini” così come li ha definiti la saggezza del personaggio interpretato da De Crescenzo? Credo che sia l’ingenuità, nel senso più elevato del termine, di chi è capace di guardare il mondo con animo ancora pronto e disponibile a stupirsi e con occhio puro, nonostante le tante cose viste, le tante albe ammirate, i tanti colori stesi, i tanti segni impressi. Per tutto questo spirito di amore e di libertà siamo particolarmente lieti, come Assessorato alla Cultura del Comune di Prato, di poter ospitare le opere del maestro Bolano negli spazi delle Antiche Stanze di Santa Caterina, ove – siamo certi – i visitatori potranno scoprire (o riscoprire) il talento e l’ispirazione coinvolgenti di un’artista vero e profondo.
Il commento di Angelo Mistrangelo
«Nella pittura di Bolano
è onnipresente il mare,
il suo respiro, il suo orizzonte...«
Mario Luzi
Ripercorrere, anche per un solo istante, la dimensione creativa di Italo Bolano rappresenta un modo di accostarsi al valore dell'esistenza, dei sogni, degli incontri tra uomo e natura, tra l'energia del segno e le forme nello spazio, tra un vibrante cromatismo e la profondità di abissi inesplorati.
In questa dimensione, si identifica il senso di una ricerca che lega la visione dell'artista dell'Isola d'Elba e la parola evocatrice del poeta Mario Luzi.
E proprio il rapporto con il poeta fiorentino, costituisce una determinante testimonianza, come hanno sottolineato in più occasioni critici e scrittori, di una misura espressiva che unisce l'intensità gestuale di Bolano al fluire inesausto dei versi che si fanno immagine e ricordo e luogo d'incontri:«Non è amore, ma mi tenta ancora/ questa strada rimasta sconosciuta/ da me a te, da me agli altri. Incontro/ anni al piede degli alberi, anni e bacche/ cadute e dai crocicchi/ una setta di foglie/ striscianti alzate a volo. Desideri/ e pene fanno ressa nella mischia/ e io vi passo in mezzo e gelo» (Mario Luzi).
Strade e alberi e rocce, dove si rifrangono le onde di lontani marosi, s'inseguono nella pittura di Bolano che non è mai solo colore, segno, intuizione formale, ma ogni documento è il risultato di una tensione emotiva che guida la mano in una «scrittura» interiorizzata e mai sconfitta dal tempo, dalle angosce, dalle quotidiane inquietudini.
Da queste pagine emerge l'umanità dell'artista, la volontà di comunicare accadimenti e subitane sensazioni, la capacità di fissare una sofferta crocifissione o un immateriale e nitido corpo di donna-isola in rarefatte atmosfere, in una sorta di racconto all'interno della società contemporanea che si snoda attraverso i fogli di un lirico astrattismo firmati con Mario Luzi. E dall'acquarello «già prossimo già pronto», da Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, si approda a «miranti desideri» e «abbagliata dalla sua baia», che esprimono la ricercata e voluta libertà della linea nel ricostruire sulle superfici delle carte il pensiero di Bolano.
Un pensiero che si confronta con i riferimenti culturali a Paul Klee e Wassily Kandinsky. E di Klee, Bolano mette in evidenza che «Il suo carattere «eroico» ed enigmatico fu scosso dalla luce mediterranea. Immerso in essa, il pittore si lascia penetrare dall'energia pura, da quella «natura naturans» da cui, come il bambino e il pazzo, trae i suoi stimoli primari e universali, rendendo visibile l'invisibile. L'artista, per ritrovare se stesso, deve ripercorrere l'esistenza a ritroso per scoprire il mondo magico e primitivo dell'«incoscienza»».
In questa indagine intorno all'esistenza, alla luminosità dell'alba all'Isola d'Elba, alla storia della società, appartiene a un dipingere che dalle iniziali ed espressioniste figure è giunto a opere astratto-informali, a sculture in acciaio e ceramiche, al monumento a Luzi e alle tele dedicate a Napoleone.
In ogni caso, Bolano non perde mai di vista la propria interpretazione della realtà, dei segni graffiti da un'intera vita, dei reperti consunti e dilavati che s'insabbiano sulla spiaggia dopo un lungo percorso in acque avvolgenti e mitologiche, mentre il giorno annuncia nuove stagioni dello spirito:«Si leva il vento!...E di nuovo, la vita!/ L'aria immensa apre e richiude il mio libro,/ L'onda il suo fiotto avventa dalle rocce!/ Volate via, pagine abbacinate!/Rompete onde! Rompete acque inebriate/ Quel tetto quieto ove beccavan flocchi!» (Paul Valéry).
L'isola è avventura, fantasia, ritorno all'infanzia, riflessi di un tempo ritrovato, scansione di ideogrammi Zen, meditazione, memoria e sintesi di un vissuto che ritroviamo nelle sue composizioni e nella progettazione e organizzazione nel 1964 dell'International Art Center, ricavandolo da un vecchio cascinale dal padre, situato vicino alla Villa di Napolone nella Valle di San Martino, con l'intervento di Emilio Vedova e Nina Melova, Emile Schumaker e Lasar Galpern, che ha collaborato con Marc Chagall al Teatro di Mosca.
Nel 1993, invece, ha messo in atto l'idea di realizzare l'Open-Air Museum, che diventa circuito culturale. Strutture architettoniche, composizioni di sabbie e smalti, sabbie, sassi, terra rossa, vasi, piatti, colate di rossi e azzurri e neri, mappe geografiche, minerali del ferro, diventano documenti della vicenda di Bolano che parlando della ceramica ha detto:«E' chiaro che da sempre la mia Isola mi ha fornito infiniti colori (...)Visitando le Miniere di Rio e di Rio Marina
ho subito il fascino dei colori e delle forme interne di questa meravigliosa Isola che mi riporta fantasticamente alle ere geologiche, ai minerali del ferro che il tempo disfa in granelli: le spiagge di sabbie metallifere luccicanti...».
Il fascino della ceramica, le linee di nitidi disegni, il grafismo emblematico dei bassorilievi in cotto e la musicalità della pennellata esalta l'antica magia dell'isola-madre-essenza del vivere.
Al di là della terra, del reiterarsi dell'onda sulla spiaggia, della vegetazione, si avverte sempre e comunque il sogno di un artista legato alla lezione di Franz Kline e Sam Francis, all'«abstraction lyrique» e alla spontaneità dell'azione dei giapponesi del gruppo Gutaj, che concretizza la spiritualità attraverso la materia:«Da lontananze/ di freschezza-sul mare/ s'alza la luna» (Masaoka Shiki).
E la spiritualità di Bolano si commisura, quindi, con l'universo che lo circonda, con l'azzurro del mare, con le colline e lo studio ingombro di tele, di tubetti di colori, di progetti, in una sorta di ancestrale recupero della poesia dell'oggetto quale ultima possibilità per trasmettere le infinitesimali vibrazioni di un segno che dell'Isola ricrea misteriosi itinerari memoriali, silenziose stazioni d'incontri, solitarie riflessioni.
E l'immagine si fa messaggio, sguardo oltre l'orizzonte, magia e codice di un linguaggio esplodente nell'aria immota di albe rosseggianti e voli di gabbiani.
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