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Comune di Prato

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04/02/2011 11:32
Eventi A Prato Incontra protagonista il documentario "Prato, una citta", realizzato dal maestro Folco Quilici nel 1978

"Raccontami Prato" tra ricordi della città com'era, con lo sguardo rivolto al futuro

L'appello del sindaco Roberto Cenni: «Rimbocchiamoci le maniche per questa città, a cominciare dall'impegno di riaprire al più presto il Museo Civico»

Il documentario di Folco Quilici proiettato ieri sera nella serata di PratoIncontra al Teatro Metastasio ha riportato alla memoria odori, sapori, rumori e immagini della Prato alla fine degli anni ’70: l’inarrestabile sottofondo dei telai, i camion carichi di pezze che si muovevano veloci nelle strade, il centro storico invaso dal traffico, intere zone che andavano cementificandosi, la mente sempre rivolta al lavoro. Ma anche la cultura: i teatri, i musei, i monumenti, le chiese. E’ il ritratto consegnato nel 1978 da Folco quilici, maestro del documentario, che con la sua telecamera ha fissato la vita, gli angoli, i volti, la storia di quegli anni. Il filmato, dal titolo emblematico – “Prato, una città” – restaurato negli anni passati dal Comune, è stato appunto protagonista ieri sera a “Prato incontra”, la rassegna di dibattiti organizzata dal Servizio Comunicazione del Comune al Metastasio.

Sul palco ospiti d’eccezione, a cominciare da Quilici, scrittore, giornalista, documentarista, fotografo, che con le sue opere ha raccontato e fatto scoprire mezzo mondo, lo scrittore "di casa" Edoardo Nesi, oggi assessore alla Cultura della Provincia, e l'attrice Pamela Villoresi, da sempre legata alla sua città e da qualche mese membro del Consiglio d’amministrazione del Metastasio. Accanto a loro il sindaco Roberto Cenni, emozionato per i ricordi suscitati dalla serata,  e Umberto Cecchi, giornalista e presidente del Metastasio.

“Prato, punto di raccolta di immigrati, amalgamati ai pratesi senza grandi traumi né per gli uni né per gli altri - ha detto il presidente Cecchi presentando il documentario -  Prato all’avanguardia nella produzione tessile, le sue torri sono le ciminiere ed è di sicuro la città più diversa di tutta la Toscana. Protagonista della vita di Prato è la fabbrica,e l’altra anima è il fiume Bisenzio”. E poi qualche numero che oggi, inevitabilmente, fa impressione: 60mila addetti nel settore tessile, miliardi di fatturato per metà all’estero, 14mila telai accesi giorno e notte, il reddito medio delle famiglie più alto d’Italia.

“Vorrebbe essere stato sindaco di quella Prato”?  - ha chiesto Cecchi a Roberto Cenni. “Se la città fosse ancora quella, io oggi non sarei sindaco”.

Commosso il ricordo di Quilici, a cui va il merito di aver contribuito a portare Prato nel mondo: “Torno sempre volentieri qui. Qui sono venuto la prima volta su invito di Fernand Braudel, grandissimo storico, che mi raccontava di questa città come centro emblematico dell’Europa, di un posto dove ingegnosità e laboriosità erano caratteristiche ordinarie. Mi colpì una cosa, fin da subito: la capacità di trasformare vecchie stoffe in tessuti meravigliosi”. Braudel, personaggio di primo piano nell’ambito storico, economico e letteraio d'Europa, era presidente in quegli anni del comitato scientifico dell’Istituto di storia economica Francesco Datini e il suo impegno e attaccamento alla città fu premiato con il conferimento della cittadinanza onoraria. 

Edoardo Nesi ha ricordato la Prato della sua giovinezza: “Il film di Quilici è commovente e ha raccontato un’epoca. Io ho una vera adorazione per la città di prima. Penso a quei 60mila addetti nel tessile, quando oggi ce ne sono più o meno un quarto. Sono contento che questo documentario esista, è la certezza che la nostra storia, in questo caravan serraglio di notizie che circolano velocemente, non verrà dimenticata”.

Pamela Villoresi, altra pratese d’eccezione, ha offerto al pubblico un articolo scritto nel 2001 per una rivista che le chiese di fornire un contributo che parlasse della sua Prato. “Lo intitolai Prato ieri, oggi e domani. Volevo dare un’immagine della città, dei suoi movimenti, i modi di fare e di dire, i giochi dei bambini, la vita dei lavoratori, la mia passione per il teatro, i momenti di socialità”. L’articolo, 10 anni fa, si chiudeva con una domanda la cui risposta forse non è stata completata ancora oggi: “Riusciremo a reggere la sfida del futuro”?

Dal palco sono arrivate risposte, o almeno interpretazioni. “La globalizzazione – ha spiegato Nesi – è una politica che si è decisa molto lontano da qui, vorremmo sapere in cambio di cosa. Noi dobbiamo solo reagire convintamente agli attacchi, che arrivano a noi come a tutta la piccola e media industria. C’erano migliaia di imprese nel nostro distretto, questo dobbiamo recuperare: l’artigianato, il saper fare anche quando le stesse cose vengono fatte altrove ad un decimo del costo. Dobbiamo recuperare la libertà delle idee, del pensiero. Le piccole imprese oggi sono il futuro. Io non ho simpatia per le grandi industrie, che poi sono queste che dovrebbero rappresentare il futuro per i nostri giovani? Basta pensare alla Fiat che guarda con interesse alla Serbia, non a Paesi chissà quanto distanti da noi, ma di fronte alle nostre coste”.

Il sindaco, dopo aver spiegato il cambiamento generale sopraggiunto con gli accordi del Wto, ha lanciato un appello: “Le difficoltà ci sono e le conosciamo, ma rimbocchiamoci le maniche, troviamo unità e lavoriamo tutti in un’unica direzione, superando l’esaltazione degli individualismi verso un obiettivo comune: il bene generale”.

La serata non poteva poi non ricordare grandi nomi della storia più lontana e più recente della città: Francesco Datini che nelle sue lettere scriveva sempre “In nome di Dio e del guadagno”, Curzio Malaparte, primo scrittore europeo, che lontano da Prato finiva sempre, prima o poi, col provare una profondissima nostalgia e dedicava scritti e poesie alla sua terra e ai suoi concittadini. E poi gli artisti che hanno lavorato ad opere artistiche e architettoniche, come Henry Moore, che volle il suo “buco”, come lo chiamano i pratesi, posizionato proprio in piazza San Marco: “L’ho voluto per Prato questo mio lavoro perché i pratesi sanno cosa è il lavoro” - disse.

Il documentario di Folco Quilici è stato occasione per il sindaco di ricordare che la città deve riscoprire i suoi tesori: “Come  è possibile che il Museo Civico sia chiuso da vent’anni? Io farò di tutto per riaprire questo luogo della cultura e spero nell'aiuto della Provincia”. L'assessore Nesi ha raccolto l’invito e ha ricordato che il suo lavoro va di pari passo con quello dell’assessore alla Cultura del Comune, Anna Beltrame: “Stiamo impegnandoci affinchè i luoghi dell’eccellenza culturale, parlo del Metastasio, del Politeama, del Pecci, del  Museo del Tessuto e di tantissime altre nostre preziose realtà, siano il più possibile vicine e a portata di mano. L’emorragia di fondi è drammatica e alla fine solo Provincia e Comune si ritrovano ad affrontare la situazione, ma la fronteggiano, in una maniera o nell’altra”. Anche da Nesi è arrivato un appello, rivolto questa volta alle grandi associazione e alla banche in particolare: “Devono aiutarci, devono fare qualcosa per la cultura, che non rappresenta una spesa ma un motore di ricerca e sviluppo. Firenze e Roma lo dimostrano”.

Ha preso la palla al balzo Umberto Cecchi per sottolineare quanto sia importante avere enti che guardano con attenzione e sensibilità alla cultura. “Ho scritto qualche settimana fa una lettera a diversi enti per spiegare il progetto a cui il Metastasio sta lavorando: la realizzazione di laboratori e una scuola di costumisti”. Il sindaco ha replicato subito: “Prima, a finanziare progetti di questo genere c’era " mamma cassa" (la Cassa di Risparmio di Prato) che metteva a disposizione soldi per la crescita e lo sviluppo della città. Oggi non è più cosi, purtroppo. Ma non bisogna spegnere un’idea solo perché ci sono pochi soldi. Agli investimenti non si deve rinunciare, tenendo ben presente che occorre rigore e prudenza, ma certe cose si devono fare. Vengono a Prato a comprare tessuti per cucire costumi per le produzioni cinematografiche internazionali, perché non provare ad offrire un prodotto finito, un costume già confezionato? Ecco un esempio di come dobbiamo proiettarci per combattere la crisi”.  

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