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Comune di Prato

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04/03/2011 10:31
Eventi Il dibattito di ieri sera al Teatro Metastasio

La legalità, il suo valore e tutti i problemi a questa connessi nel nostro territorio. Se ne è discusso a "Prato Incontra"

Il sindaco Cenni: "Dobbiamo alzare la capacità di indagine, altrimenti rischia di essere tutto inutile. Questa amministrazione sta facendo un grosso lavoro che non è quello di nascondere lo sporco sotto il tappeto"

La presenza di molte migliaia di cittadini cinesi regolari e altrettanti irregolari, la loro capacità imprenditoriale, la diffusione di una rete organizzata di illegalità, della criminalità e la difficoltà a ridurre le distanze anche a causa dei problemi linguistici e di una manifesta scarsa propensione all'integrazione, sono state al centro del penultimo appuntamento con “Prato Incontra”, la rassegna di dibattiti organizzata al Teatro Metastasio dal servizio comunicazione del Comune.

Titolo della serata: “Il valore della legalità”. Protagonista, insieme al sindaco Roberto Cenni, un “cast” d’eccezione: Francesco Antonio Genovese, presidente del tribunale di Prato; Piero Tony, procuratore capo della Repubblica di Prato; Giuseppe Quattrocchi, procuratore capo della Repubblica di Firenze; Giovanni Bonanni, segretario dell’Ordine degli avvocati di Prato. La conduzione è stata affidata all’editorialista del Corriere della Sera, Dario Di Vico. Non è mancato l’intrattenimento musicale, affidato a Elisa Mini e Valerio Morelli, professionisti della della Scuola Comunale di Musica "G.Verdi" di Prato.

Gran parte della serata è stata dedicata al fenomeno dell’immigrazione, in particolare cinese, con cui Prato si misura da circa vent’anni. “Pensando alla mafia – così ha introdotto Dario Di Vico – quale situazione ritroviamo intorno a Prato”? Tema caldissimo specie in un momento in cui si assiste a continui fatti di cronaca: omicidi (solo a giugno 2010 quattro in tre giorni), bische clandestine, rapine, aggressioni, prostituzione.

“Per definire un’associazione di stampo mafioso – ha spiegato Piero Tony – occorre ritrovare alcuni requisiti che sono principalmente la capacità di istituire assoggettamento e omertà. Detto questo, alla domanda se la testa della piovra che si trova in Cina abbia collocato qui 16mila cinesi per un certo fine, rispondo che non c’è prova di un’estensione così vasta da parlare di mafia. Se il termine mafia lo si restringe a gruppo formato da tre persone – tante quanto bastano per contestare il reato - che impone assoggettamento e omertà, è pacifico che questo a Prato si riscontra, ma ripeto che non ci sono prove della presenza di una mafia strutturata”.  Una tesi questa del procuratore di Prato che ha lasciato attonita la platea. Ma il procuratore capo della Repubblica di Prato ha detto di più: “Tra le migliaia di cinesi che ci sono a Prato, ci sono anche poveri disperati venuti a cercare qualcosa di meglio, anche di questo si tratta. Bisogna anche pensare all’accoglienza di gente che fa una vita da bestia per tornare un giorno a casa con un gruzzoletto. Capire questo, affermare questo non significa affatto che tollero il fenomeno. Il fenomeno cinese ha fatto e fa concorrenza sleale, è come una sanguisuga che ha anemizzato l’economia cittadina e questo non è tollerabile. Le condotte più frequenti sono l’evasione delle tasse, il trasferimento di soldi, le attività imprenditoriali che aprono, chiudono e riaprono ad una velocità che le fa risultare sfuggenti a controlli e contestazioni, lavoro nero, clandestinità: tutte condotte intollerabili che vanno colpite. Ma ci sono anche poveri sventurati”. Piero Tony ha parlato del grandissimo lavoro che compie ogni giorno la procura per il contrasto all’illegalità, con il prezioso concorso delle forze dell’ordine: “Lo facciamo con un impegno così intenso – ha detto – da sembrare maniacali. Recentemente mi sono rivolto al sindaco, all’assessore Milone, al capo dei vigili urbani Pasquinelli e ho chiesto persone di supporto per evitare di dover interrompere la nostra azione”.  Quattro vigili urbani arriveranno presto in procura, e le parole di Tony hanno aperto un altro capitolo: il sottodimensionamento degli organici. “Abbiamo un organico che va bene per una Prato che non c’è più, stiamo facendo salti mortali per resistere, la situazione è veramente grave” ha aggiunto il procuratore.

A spiegare ancora meglio quanto sia grave e pesante la mancanza di magistrati, ci ha pensato Francesco Antonio Genovese: “In questo momento sono il presidente del tribunale di Montepulciano: dovrei avere 18 giudici ma ne ho 9. Il problema degli organici è enorme. Sono arrivato a Prato la prima volta 30 anni fa come pretore, ho conosciuto una città brillante e spumeggiante che oggi non esiste più. Prato si è meridionalizzata: strati di disoccupazione, di precariato, di povertà. Questo impatto lo vedo tutti i giorni nelle cause di separazione e di divorzio, dove si deve tutelare l’uno o l’altro coniuge, mentre l’uno o l’altro rischia di ritrovarsi in uno stato di degrado economico gravissimo”. Tornando al problema dell’inadeguatezza del numero di magistrati a Prato, Genovese ha detto: “Il lavoro è tantissimo, la sezione penale è in crisi: ci sono 2 giudici su 5. Con questi numeri si fa poca strada e la valvola di sfogo per il penale è la prescrizione”.

Dario Di Vico ha fatto riferimenti anche alla cosiddetta “inchiesta Dong”: “E’ emerso un sistema che ha trovato collaborazione negli italiani” ha detto. “Si parla tanto di queste forme di irregolarità, ma occorre aspettare il dibattimento o almeno l’udienza preliminare – ha commentato Genovese – si parla tanto di questi illeciti anche perché noi, e nessuno si offenda, siamo rimasti completamente spiazzati anche sul piano investigativo. Stiamo costruendo ora gli strumenti per analizzare questo tipo di fenomeno. Ci sono tre ordini di problema: la comprensione della lingua e della scrittura, pensiamo quanto incide questo nella fase di indagine, magari in una intercettazione; cultura e tradizione lontanissime dal nostro mondo; una cultura compatta che si rende un blocco impenetrabile anche ai nostri strumenti di coercizione. Questo complesso di problemi rende difficile il contrasto e impone la capacità e l’urgenza di attrezzarci. Abbiamo chiesto all’Unione Europea fondi per creare un gruppo di interpreti, mediatori, traduttori. Ad oggi non abbiamo ricevuto risposta”.

Il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi ha analizzato il problema “mafia” da vicino, in virtù del ruolo di procuratore distrettuale antimafia e dunque dell’osservatorio privilegiato che ha a disposizione: “Il territorio pratese – ha detto – può presentare qualche permeabilità all’introduzione di organizzazioni che si rifanno a metodi criminali mafiosi. Il legislatore, nel 2008, ha avvertito la necessità di puntualizzare che si parla di associazioni di stampo mafioso anche quando i protagonisti sono stranieri. L’insediamento di una propaggine di criminalità tradizionale deve farci sorgere un’altra domanda: in Cina c’è qualcosa che lega la criminalità del Paese alla nostra mafia, o alla ndrangheta? Nella realtà pratese e in quella fiorentina sono state avviate indagini in cui la struttura mafiosa l’abbiamo ravvisata. Prato vive di attività di cosiddette bande cinesi che minano l’economia sana attraverso azioni criminali che sconvolgono il mercato e i principi di una corretta concorrenza: penso alle merci contraffatte che sono una specialità che produce molto denaro, penso al trasferimento di soldi tramite money transfer, sistema che non è compiutamente noto neppure alle banche, e poi le estorsioni in danno di connazionali, il controllo delle bische. Sulla quantità di denaro sporco e sul fenomeno di riciclaggio che produce  – ha continuato Quattrocchi – misuriamo la nostra modesta capacità di intervento. E’ il momento di istituire il reato di autoriciclaggio”.

Il sindaco Roberto Cenni ha chiesto le ragioni che spingono anche i cinesi regolari a rimanere chiusi nei magazzini, a condurre la vita dei clandestini: “Forse perché i soldi che fanno non sono fatti in modo legale? Perché non ci sono aziende che si iscrivono a Confindustria? Perché non ci sono imprenditori che si staccano dal sistema malato in cui si trovano? Perché la concorrenza sleale deve continuare ad ammazzare quello che di buono è rimasto nel distretto? Dobbiamo alzare la capacità di indagine, altrimenti si rischia di perdere tempo. Questa amministrazione sta facendo un grosso lavoro che non è quello di nascondere lo sporco sotto il tappeto, ma è un lavoro dettato dalla reazione. E lo facciamo come meglio possiamo: se non c’era il Comune che mandava qualche persona d’aiuto al tribunale, non sarebbe stato possibile fare quel piccolo passo in più che è stato fatto. Purtroppo i tanti viaggi a Roma, al ministero, non hanno prodotto i risultati che attendevamo. Tanti viaggi, pochi risultati”.

Il presidente Genovese ha ricordato che ci sono 5-6 volontari che tutte la mattine lavorano all’archivio del tribunale senza alcun compenso: “Avere un archivio in ordine e aggiornato è una grandissima risorsa, anche nell’interesse della collettività”. Il procuratore Quattrocchi ha richiamato la collaborazione dei cittadini: “Nessuno può essere estraneo al meccanismo della legalità. Faccio una domanda: quanti cittadini, quanti imprenditori sono disposti a venire a raccontarci quello che vedono accanto alle loro stanze, nelle loro strade? Anche questa è collaborazione. Quanto a forme di collaborazionismo in ambito cinese, ancora la situazione non è matura”.

Il sindaco Roberto Cenni ha sottolineato che il senso civico dei pratesi è aumentato, arrivano più esposti e inoltre nella comunità cinese si avverte una spaccatura: “C’è una parte di imprenditoria che ha investito molto qui e sa di poter perdere qualcosa, da qui potrebbe nascere una collaborazione”. Il moderatore ha incalzato il segretario dell’Ordine degli avvocati sul tema della correttezza della categoria di fronte al tema della legalità. Onesta la considerazione di Bonanni: “La mela marcia c’è sempre. Parto da una considerazione: a metà degli anni ’80 gli avvocati, a Prato, non arrivano a 100; oggi siamo 700. Forse ci può essere la tentazione a imboccare scorciatoie. La crisi colpisce anche il settore professionale, non si può escludere che qualcuno provi a raggiungere proventi con metodi non proprio leciti”.

Grande la partecipazione del pubblico che ha rivolto domande ai magistrati anche con esempi pratici: “Volevo spedire merce in Romania – ha detto un imprenditore – non ho trovato aziende disponibili a farlo con regolare fattura”; “I controlli alle dogane riguardano solo i container italiani, mai quelli cinesi”; “Basta andare nelle strade del Macrolotto per vedere situazioni strane, perché le forze dell’ordine non vedono quello che vediamo noi”. Presente anche un cittadino cinese, arrivato a Prato 35 anni fa: “Chiamate il console – ha suggerito – invitatelo ad un confronto su questo palco”.

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