Giorno della memoria, una corona d'alloro per ricordare le vittime della deportazione
Il 27 gennaio 1945 venivano abbattuti i cancelli di Auschwitz, mostrando agli occhi del mondo l’orrore della deportazione e dello sterminio nazista: è stata celebrata stamani la Giornata della Memoria, 67 anni dopo quel giorno, con la deposizione di una corona d'alloro alla lapide davanti al Castello dell’Imperatore in piazza S.Maria delle Carceri in ricordo dell’Olocausto, di tutti i deportati nei campi di concentramento e dei pratesi che vennero prelevati a seguito degli scioperi del marzo 1944 e caricati su quella tradotta militare tedesca che partì l’8 marzo dalla Stazione di Firenze per la Germania, senza ritorno. Degli oltre 150 che vennero rastrellati a Prato il 7 marzo, solo 20 tornarono a casa. A deporre la corona sono stati il prefetto Maria Guia Federico, il vicesindaco del Comune di Prato Goffredo Borch, il presidente del Consiglio provinciale Giuseppe Maroso e il presidente dell’Associazione nazionale ex deportati (ANED) Giancarlo Biagini. Oltre alle autorità civili e militari erano presenti i Gonfaloni del Comune e della Provincia di Prato, i labari delle Associazioni combattentistiche e d’Arma, dell’ Aned, dell’Associazione nazionale Partigiani (Anpi) e dei Comuni dell'area. Sono intervenuti Monsignor Carlo Stancari in rappresentanza della Curia Diocesana e Franco Ventura, vicepresidente della Comunità ebraica di Firenze.
«In un mondo in cui serpeggia il negazionismo e c’è ancora chi rinnega l’Olocausto e la sua memoria o riserva comunque indifferenza a questa giornata, è ancora più importante e significativo celebrarla, perche sia sempre una lezione – ha detto il vicesindaco Goffredo Borchi – E’ doveroso ricordare tutti coloro che per motivi razziali, religiosi o politici rimasero vittime di una follia che uccise 10 milioni di persone». Una tragedia che come ha sottolineato Borchi ha toccato Prato da vicino. Toccante l’intervento di Franco Ventura, che ha riportato le storie di due ebrei di Prato che vennero catturati e morirono ad Auscwitz, giovanissimi: Lia Sara Millur, che abitava in via Zarini 6 e fino al 1938, anno delle leggi razziali, studiava al liceo, deportata il 26 novembre 1943, e Mario Belgrado, catturato proprio mentre usciva dal lavoro nell’orologeria davanti al biscottificio Mattei in cui era impiegato: «Oggi ricordiamo non solo gli 8.000 ebrei italiani che non tornarono più – ha detto Franco Ventura, ma anche gli zingari, gli omosessuali, i dissidenti politici e i partigiani, come ricordiamo coloro che tentarono di aiutarli, di nasconderli, per reagire alla sopraffazione e alla violenza».
cb
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