Lana: "Tutti i rischi che Prato corre nel cadere nella rete di Firenze"
In merito al dibattito scaturito dal decreto del governo sul riordino delle province, il consigliere del gruppo Pdl, Vittorio Lana, dichiara quanto segue:
"Per meglio comprendere i rischi che corre Prato a seguito del decreto sul riordino delle province e della sua caduta sotto Firenze è necessario insistere nella critica contro la nomenklatura che tiene in ostaggio politico le amministrazioni di molti Enti locali, attraverso quel reticolo di interessi nella grande distribuzione o nelle società partecipate (Consiag in testa) capitalizzate con ingentissime risorse di bilanci pubblici divenute proprietarie, per semplice conferimento, delle reti acqua e gas del demanio comunale. Il solo aumento di capitale in Publiacqua, partecipata da Consiag per conto dei comuni consorziati, è costato al bilancio del comune di Prato 11,5 milioni di euro versati prima dell'ingresso del socio privato Acea - Suez Environnement SA e Montepaschi Siena. Questa ingentissima somma fu ottenuta attraverso un'operazione di finanziamento basata su una più che discutibile cessione del canone ventennale acqua alla medesima Consiag spa, costata al Comune di Prato diverse decine di milioni e tuttora al vaglio della Corte dei Conti per una lunga serie di anomalie contrattuali. Eppure, notizia fresca, qualcuno ne vanta virtù e vantaggi richiamandosi ai dividendi distribuiti da Consiag ai comuni consorziati, come se tale lucro non fosse il frutto dell'aumento del prezzo dell'acqua e del gas pagato da tutti i cittadini, a partire da quelli più bisognosi.
Queste operazioni societarie sono state pensate ed attuate per realizzare e gestire, in ambito territoriale, quelle reti di Area Vasta la cui gestione, in forza delle disposizioni di legge (emanate in applicazione di Direttive UE) non poteva più essere assegnata al medesimo ente proprietario. Esemplare fu la costituzione di Pubbliacqua per iniziativa di Consiag e di Pubbliservizi per conto dei comuni dell'ATO 3 e di Estra per iniziativa di Consiag ed altrettanto emblematiche sono le roventi controversie che vedono il Comune di Prato messo all'angolo da tutti i sindaci pidiessini sodali con i potenti board delle stesse partecipate, solo per avere legittimamente messo a gara la fornitura del gas cittadino (si veda l'inchiesta dell'Autorità Garante). Uno scontro epocale sul monopolio di gestione ed erogazione dell'acqua e del gas che finirà per gravare su tutti i cittadini contribuenti a partire, appunto, dai meno abbienti.
E per fortuna che gli elettori pidiessini pratesi, nelle ultime primarie, bocciarono perentoriamente il presidente di Consiag Abati (cofirmatario della scellerata delibera sugli Swap) altrimenti si sarebbe raggiunta una autentica pax romana ed il parossismo del conflitto di interessi, con un presidente della più importante società partecipata dell'Area Vasta, candidato ad occupare la poltrona di sindaco del Comune maggior azionista della stessa società patrimoniale. Persino nella Russia post sovietica, sono state azzerate tali progressioni di carriera, talché i potenti leader delle società dell'energia che si sono avventurati su questa via, secondo le note cronache mondiali, sono finiti tutti in malo modo.
Ma torniamo al riordino delle province ed alle città metropolitane di cui non si può non apprezzare l'utilità ai fini dello sviluppo del territorio e se non altro per la riduzione della spesa pubblica, impostata dal Governo Monti e dalla situazione finanziaria del Paese. A giudizio di molti, meglio sarebbe stato abolirle tutte, le province, ma per i comuni cooptati nelle città metropolitane, un provvedimento del genere non avrebbe avuto effetti diversi e difficilmente avrebbe poi trovato una maggioranza in Parlamento.
Ciò che rileva, nella vicenda politica locale, sono le finalità e modalità attraverso le quali si è giunti alla definizione della città metropolitana di Firenze, coincidente con il territorio di Area vasta e con un capoluogo oramai accerchiato e strangolato da un hinterland cresciuto a dismisura senza le relative infrastrutture, ad eccezione per l'appunto delle reti acqua e gas. Nulla è stato fatto sul fronte dei collegamenti e trasporti metropolitani, degli aeroporti, snodi interportuali e logistici, della filiera dei rifiuti, della ricezione turistica integrata tra percorsi culturali e d'arte, termali, balneare, agrituristici e ambientali.
Ben venga, quindi, la città metropolitana nella provincia di Firenze, senza la quale nessuna iniziativa di sviluppo risulterebbe fattibile per la eterogeneità delle aspettative municipali manifestatesi in questi ultimi anni a partire dall'aeroporto e per i problemi propri del capoluogo tutt'ora ad altissimo rischio idraulico, per l'inerzia dei suoi amministratori sulla messa in sicurezza dell'Arno e dei suoi affluenti, a 50 anni dall'ultima devastante inondazione. La concreta realizzazione della città metropolitana nell'hinterland fiorentino risulta già complessa di suo e l'inglobamento delle province di Prato e Pistoia la renderebbe una autentica chimera.
Infatti, chi ha voluto disegnare questa mega area metropolitana non ha tenuto conto delle differenti realtà di due città compiute dentro le mura, come Prato e Pistoia, in cui insistono scottanti problematiche di governo del territorio già eccessivamente antropizzato ed industrializzato, molto differenziate rispetto a quelle fiorentine.
Nella città e nelle aree industriali di Prato esiste una realtà multietnica ed un insediamento asiatico, soprattutto clandestino, con la più alta concentrazione di imprese del tessile abbigliamento d'Europa, mentre nell'area pistoiese tali fenomeni si vanno manifestando solo ai margini della vasta piana florovivaistica. Si tratta di realtà distanti anni luce dalle tematiche di sviluppo metropolitano.
Altra considerazione deve essere fatta sul trasferimento di proprietà di tutti i beni e le infrastrutture già realizzate dai Comuni alla città metropolitana ed in molti si chiedono come potranno essere compensati i contribuenti di Prato e Pistoia che li hanno già pagati, con la prospettiva di dover contribuire anche alla realizzazione di quelli metropolitani. Il Comune di Prato, retto dalla giunta Cenni, ha ripulito i propri bilanci eliminando decine e decine di milioni di residui attivi (crediti inesigibili) già pagati dai cittadini, che ora, dovrebbero accollarsi la montagna di debiti accumulati dal Comune di Firenze e da molti altri comuni delle tre province.
Prato ha già dato molto, forse troppo, conferendo in Consiag la più moderna rete idrica integrata della Toscana con gli scarichi civili ed industriali trattati nel modernissimo depuratore di Gida, già pagata dai contribuenti, mentre quasi tutti gli altri comuni dell'Ato3, Firenze in testa, hanno conferito reti obsolete e fatiscenti talché, ancora oggi, si versa in Arno quel che tutti sanno. Eppure è solo grazie alla rete di Prato, collegata ai depuratori, che il nuovo gestore Publiacqua ha potuto aumentare la tariffa secondo le aspettative dell'azionista privato, senza incorrere nei drastici divieti delle Direttive comunitarie.
Ma nessuno contesta la strategia delle reti e dei servizi di Area vasta, in quanto funzionali al soddisfacimento di bisogni essenziali delle popolazioni del territorio, ma l'erogazione dell'acqua e del gas è bene che vengano assegnate con pubblica gara, prescindendo dalle problematiche di realizzazione delle reti di Area vasta e senza aggiramento delle prescrizioni sulla libera concorrenza sottese al miglioramento del servizio ed al contenimento delle tariffe anche in ambiti comunali di una certa rilevanza.
Emblematiche sono poi le due proposte di riordino delle province inoltrate al Governo dall'Assemblea dei delegati (CAL), espressione del disaccordo e dei veti incrociati dei delegati delle province e comuni toscani. Infatti, nella premessa di entrambe le proposte, si chiede all'unanimità la deroga per la provincia di Prato - Pistoia, sostenuta a spada tratta anche dal presidente Barducci della Provincia di Firenze. Ed proprio qui che c'è odore di bruciato!
Per chi era presente ai lavori dell'Assemblea destò una certa impressione sia l'interruzione dei lavori e la contestuale riunione di alcuni delegati a Palazzo Vecchio, che il ruolo svolto dal Barducci il quale, sin dal 2010 ebbe ad istituire, in seno alla provincia di Firenze, la Commissione Speciale apposita per la città metropolitana Firenze, Prato, Pistoia. Peccato che i diretti interessati Pratesi e Pistoiese siano stati tenuti fuori dalla porta.
Quindi è lecito arguire che le due distinte proposte del CAL esprimevano una precisa linea di indirizzo per il Governo: Prato e Pistoia possono essere trattate in deroga alle disposizioni vigenti, quindi anche cooptate nella città metropolitana fortemente voluta dal Governatore Rossi e dalla Nomenklatura pidiessina toscana, per il resto lasciateci litigare quanto ci pare.
L'essenziale era evitare la costituzione della grande provincia dei distretti industriali toscani del tessile/abbigliamento, agricoltura florovivaistica, termale e balneare, cartiere, marmi e lapidei la quale, viste le ultime consultazioni elettorali, esprimeva un disagio ed un dissenso crescenti verso il potere costituito desideroso, invece, di rinnovarsi la propria assicurazione sulla vita.
Tutto è comprensibile in politica, dall'intervento dei gruppi di pressione ai tradimenti, ma le voci di fortissime pressioni su autorevoli esponenti del Governo, per le province di Prato eppoi Pistoia, da inglobarsi nella città metropolitana di Firenze, hanno destato un certo scalpore, anche per il concomitante passaggio a Prato del segretario del Pd Bersani, in competizione per le primarie. Infine, stiamo sempre parlando del più importante bacino elettorale operaio d'Italia, dopo quelli delle città industriali del Nord in cui la Lega ha pescato consensi a piene mani.
Prato non è solo una città multietnica compiuta dentro e fuori le mura, nonché, la terza dell'Italia centrale, ma soprattutto la prima in cui la classe operaia ha sancito di essere già andata in paradiso. E' questo è il vero pericolo da scongiurare per il resto della Toscana?
Con queste premesse si è in molti a pensare che non si vada da nessuna parte. O i grandi vecchi incuneati con il loro reticolo di interessi nel business delle partecipate, della grande distribuzione e dei servizi, fanno un passo indietro, oppure anche con l'agognata (da taluni) città metropolitana sarà difficile trovare la quadra in costanza di un conflitto di interessi anacronistico ed insanabile che va contro i cittadini ed ostacola lo sviluppo economico e istituzionale del territorio".
mc
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