Prato e la cucina vintage: i mangiari della fabbrica
Un tegamino di alluminio con il tappo avvitato appoggiato sulla caldaia, un rotolo di carta gialla che avvolge mezzo filone di pane toscano e una piccola bottiglia di vetro scuro che nasconde all'occhio il suo contenuto: l'immagine è di quelle da ritratto pittorico post moderno e descrive il rituale del pranzo in fabbrica ai tempi della ricostruzione post-bellica. Di come veniva vissuto il momento del pasto e di quali fossero i “mangiari” più accreditati a riempire il tegamino degli operai se ne parlerà domani 14 dicembre alle 17.30 a Prato, nel corso dell'incontro “Prato e la cucina vintage: i sedani alla pratese e i mangiari della fabbrica” organizzato dall' Assessorato alle Attività Produttive del Comune di Prato nel luogo che racconta la vita della fabbrica per eccellenza, il Museo del Tessuto, in occasione della mostra “Vintage. L'irresistibile fascino del vissuto”.
Quel tegamino era tutto sommato un modo per sentirsi a casa, per respirare il profumo della pentola sul fuoco anche se quel “pranzo” veniva consumato velocemente durante il turno di lavoro e quindi ben lontano dal calore del focolare domestico: un'immagine molto diversa e allo stesso tempo molto simile a quel “Pranzo in cima a un grattacielo” di Charles Ebbets che ha fatto il giro del mondo, con i suoi 11 muratori sospesi a quasi 300 metri di altezza in pausa pranzo durante la costruzione del Rockfeller Center a Manhattan. Un gigante alla conquista nello skyline di New York dunque, a confronto con le tante microimprese che tra l'immediato dopoguerra e gli anni Sessanta proliferavano in città andando a costituire quel sistema distrettuale universalmente conosciuto e arrivato fino ai giorni nostri.
Proprio per il loro essere dimensionalmente piccole, la maggior parte delle fabbriche a Prato non aveva una mensa aziendale e gli operai erano obbligati a portarsi il "tegamino", che il più delle volte conteneva cibo di estrazione povera come il "paracore" (il polmone gonfiato del vitello) con patate, trippa alla fiorentina, stoccafisso con le bietole o altri tipi di carne con le verdure o fagioli. Chi non si portava dietro il "tegamino", avvolgeva nella carta gialla mezzo filone di pane – l'equivalente di circa mezzo chilo – da mangiare insieme alla frittata, semplice o coi ciccioli, all'aringa, alla mortadella e – talvolta - al salacchino, una sorta di piccola aringa lavorata con il sale ma assai meno cara dell'aringa stessa molto diffuso nello strato sociale più povero. Ad accompagnare il pranzo in fabbrica, mezzo litro di vino annacquato, per due ragioni: in primis perché "schietto" costava troppo, ma anche perché durante il turno di lavoro in fabbrica veniva richiesta la massima attenzione per evitare infortuni e pertanto si doveva essere assolutamente sobri. Chi non poteva permettersi il vino, mezzo litro d'acqua in bottiglie di vetro scure perché non si vedesse il contenuto e lasciando il dubbio su cosa realmente ci fosse per non rendere riconoscibile la propria condizione economica.
Dopo il saluto di Roberto Caverni, Assessore alle
Attività produttive, a parlarne sarà il professore di
storia economica Giampiero Nigro, l’operario tessile Cesare
Legni, mentre la storica Nadia Bastogi e l’agronomo Giacomo
Petracchi racconteranno le peculiarità del sedano dal punto
di vista storico e agronomico, mentre a svelare la ricetta del
piatto tipico per eccellenza della cucina pratese, saranno Daniela
e Giovanni Seghetti, Presidente dei Ristoratori Pratesi e titolare
del Cavallino Rosso. A seguire la visita guidata alla mostra
‘Vintage. L’irresistibile fascino del vissuto’ ed
una degustazione di sedani alla pratese e ‘mangiari della
fabbrica’. Obbligatoria la prenotazione cell.
3356130800- 3206434045.
A cura di Marte Comunicazione snc
Ufficio Stampa in collaborazione con Ufficio Stampa Comune di Prato
Tel 335 6130800 – 320 6434045
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