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Comune di Prato

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21/02/2013 12:34
Lipchitz Cultura Saranno esposte dal 22 marzo al Pretorio nella mostra L'arte di gesso

Opere Lipchitz, conclusi i restauri

Grazie al lavoro dell'Opificio delle pietre dure le sculture donate al Comune sono tornate all'originaria bellezza: tutti i particolari

Un prezioso lavoro di restauro, a cura dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, ha restituito l’originaria bellezza alle 21 sculture di gesso donate al Comune di Prato dalla Fondazione Lipchitz. Le opere sono così pronte per essere esposte nella mostra L’arte di gesso, in programma dal 22 marzo al 26 maggio al primo piano di Palazzo Pretorio. Saranno affiancate da 43 disegni del Maestro, consentendo così al visitatore di "vivere", quasi in presa diretta, la genesi delle monumentali realizzazioni di Lipchtz, dallo schizzo dell’idea iniziale, al progetto definitivo. I gessi della donazione Lipchtiz sono infatti i modelli preparatori per la realizzazione di opere in materiali diversi e più duraturi, come il bronzo e il marmo. Sono rimasti nello studio dell’artista dal 1973, anno della sua morte, fino al 2012, subendo danneggiamenti dovuti alla fragilità del materiale e all’umidità. Al momento dell’arrivo a Prato da New York, la collezione presentava notevoli problemi di conservazione dovuti in primo luogo al materiale costitutivo: gesso con armature metalliche. Il gesso è infatti un materiale fragile, facilmente scalfibile; la polvere ne danneggia la superficie creando depositi che facilitano gli attacchi fungini e l’umidità degli ambienti può ossidare e arrugginire le anime in metallo.

E’ stato così necessario un impegnativo restauro affidato dal Comune all’Opificio delle Pietre Dure, che ha deciso di operare direttamente a Prato, nelle Antiche Stanze di Santa Caterina. «La scelta dell’Opificio era d’obbligo - afferma l’assessore alla Cultura Anna Beltrame -: sin dall’alluvione fiorentina del ’66 si è specializzato anche in questo particolarissimo ambito. In quegli anni si deve infatti agli esperti dell’Opificio il salvataggio dei gessi di Lorenzo Bartolini, sommersi dall’acqua dell’Arno. Questo restauro restituisce nel suo aspetto migliore una collezione unica nel nostro Paese, un vanto per la nostra città». In poco più di tre mesi una squadra di restauratori specializzati, reclutati fra coloro che si sono formati alla scuola di alta formazione dell’Opificio, si è cimentata in un lavoro particolarmente impegnativo sulle 21 sculture, che ripercorrono quasi tutta la carriera di Lipchtiz (dal 1911 al 1971). «Come molti altri artisti – commenta la restauratrice Rosanna Moradei – anche Lipchtiz subisce il fascino del gesso nel suo progetto creativo: è stato emozionante durante il restauro scoprire il significato di queste opere, che riacquistano una loro autonoma identità. La conservazione di questa collezione è un’operazione culturale importante che, oltre ad accrescere la conoscenza della produzione artistica dello scultore, definisce lo stretto legame che hanno i modelli preparatori in gesso nel suo processo creativo».

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