Trent'anni dopo si rinnova il patto di gemellaggio ed amicizia tra Prato ed Ebensee
Esattamente 30 anni fa, il 27 settembre 1987, i sindaci di Prato Alessandro Lucarini e di Ebensee Rudolf Graf firmavano il patto di gemellaggio tra il capoluogo tessile e la cittadina austriaca.
Per celebrare l'evento si è tenuta stamani, in Salone consiliare, la cerimonia ufficiale a cui hanno partecipato gli studenti pratesi delle scuole medie Castellani e Lippi e del liceo Livi, gli studenti delle medie e dell'istituto superiore con indirizzo moda di Ebensee e la delegazione istituzionale della cittadina austriaca. Sono intervenuti il sindaco di Prato Matteo Biffoni, il presidente di ANED sezione Prato Giancarlo Biagini il sindaco di Ebensee Markus Siller, l'assessore ai gemellaggi Benedetta Squittieri, la presidente del Consiglio comunale Ilaria Santi, Aurora Castellani, presidente della Fondazione Museo della Deportazione e della Resistenza. In ricordo del trentennale, il sindaco Biffoni ha donato al "collega" austriaco Markus Siller una targa commemorativa. Un riconoscimento è stato consegnato anche a Giancarlo Biagini, per l'impegno nel mantenere viva la memoria della tragedia degli ex deportati pratesi e nel coltivare le relazioni di amicizia con Ebensee.
“La mia prima volta ad Ebensee è stata nel 2000, e ho avuto il privilegio di poter fare questo viaggio insieme a Roberto Castellani e agli altri ex deportati – ha raccontato l'assessore Benedetta Squittieri -. Ho avuto l'occasione di poter conoscere quegli uomini e quelle donne che con forza e coraggio erano riusciti a tornare in quei luoghi in cui erano stati deportati nel 1944, raccontandoci la loro preziosa testimonianza”.
“La sfida che si trovano ad affrontare le nuove generazioni è ricca di significato. - ha affermato il sindaco Matteo Biffoni -. Voi studenti dovete provare a coltivare questa memoria, questo ricordo che non deve essere anestetizzato dal passare del tempo. Non bisogna più affidarsi agli altri per tener viva la memoria, ma dobbiamo essere noi, singolarmente, a farla vivere”.
“La nostra Fondazione è nata dalla volontà dei sopravvissuti stessi di lasciare a Prato un segno tangibile della memoria – ha dichiarato la presidente della Fondazione Museo della Deportazione e della Resistenza Aurora Castellani -. La libertà in cui viviamo non è scontata. La possibilità di scoprire il mondo, di studiare, di conoscere e confrontarsi sono tutte conquiste fatte grazie alle precedenti generazioni e ai loro sacrifici”.
Molto toccante ed emozionante è stato il racconto del presidente di ANED Prato Giancarlo Biagini sulla deportazione di suo padre Diego, arrestato dai fascisti e il giorno successivo caricato sulla tradotta tedesca in partenza dalla stazione Santa Maria Novella di Firenze. Direzione i campi di lavoro e sterminio della Germania nazista. Morì infatti a Mauthausen un mese dopo il suo arrivo. Giancarlo, che all'epoca aveva 13 anni, non lo vide mai più e si trovò orfano di padre, sfollato e con la necessità di entrare in fabbrica per poter mangiare. Come ha raccontato l'uomo, quel giorno la loro casa di via Strozzi era stata bombardata e il padre si recò in centro per vedere i danni causati dal bombardamento. Lì venne catturato insieme ad altri 132 lavoratori, in seguito agli scioperi del marzo 1944, perché giudicati "nemici del popolo". Tornarono solo in 19, tra cui Roberto Castellani e Dorval Vannini. Il suo ringraziamento è andato inoltre a tutti i familiari delle vittime che in questi anni, dopo la scomparsa degli ex deportati, hanno proseguito nell'impegno di tramandare il ricordo di quanto avvenne e di riaffermare il messaggio di fratellanza tra Prato ed Ebensee.
"Tante volte, ancora oggi, dopo oltre 70 anni, vedo molti giovani con il braccio alzato nel saluto nazista - ha spiegato il presidente di ANED Prato Giancarlo Biagini rivolto ai giovani -, e penso che la memoria per ciò che è accaduto sia quindi ancora più doverosa, perché tutto ciò che è stato potrebbe riaccadere anche ora, in un'era in cui siete padroni delle vostre case, del vostro tempo e delle vostre famiglie".
La mattinata si è conclusa con la visita degli studenti e delle istituzioni presenti alle Pietre d'Inciampo di via Magnolfi, via Ricasoli, piazza San Francesco, piazza Santa Maria delle Carceri e il Polo Culturale della Campolmi: le Pietre d'inciampo, ovvero delle targhe di ottone con i nomi dei deportati, sono state posizionate nei luoghi di cattura dei deportati che sono poi morti in campo di concentramento.
I saluti con i gemelli austriaci stasera con l'evento di chiusura alla parrocchia Regina Pacis di Santa Lucia.
gc
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