Migranti e salute mentale, l'integrazione passa anche dalla cura della persona
La salute mentale e l'immigrazione sono state al centro del seminario tenutosi stamani nel Salone consiliare di Palazzo Comunale - "Salute mentale e migrazione. Strategie e proposte fra il contesto locale e le logiche globali" - organizzato da Comune di Prato, Usl Toscana Centro e SAI Sistema di Accoglienza e Integrazione: un'occasione di confronto tra i vari livelli istituzionali locali, la sanità e le realtà del privato-sociale del terzo settore.
L'integrazione non significa solo lavoro e non può
prescindere dalla salute e dalla cura della persona: uno dei dati
più significativi emersi nello spazio del convegno
è che il 12% degli utenti dell'Unità Psichiatria
della Usl Toscana Centro è di origine straniera, un numero
che sale al 20% nel caso di minori che si rivolgono
all'Unità di salute mentale e adolescenza, a causa
soprattutto degli effetti negativi della doppia migrazione, ovvero
bambini che lasciano il proprio paese di origine, arrivano in
Italia, e dopo pochi anni vengono rimandati in patria per
apprenderne la cultura. Un doppio sradicamento insomma, che
può dar luogo a vari problemi di identità e di
relazione. Pertanto, come rilevato in vari
interventi, se a Prato il problema dell'accoglienza degli
stranieri, che si inserisce in una dinamica di globalizzazione
decennale e che richiede di sviluppare pratiche di accoglienza
sempre più adeguate ai fini dell'integrazione, sembra essere
di ordinaria amministrazione, il secondo problema, quello relativo
alla loro salute mentale, lo è altrettanto.
L'obiettivo dell'inclusione della persona,
infatti, passa sì dalla sua completa integrazione nel
sistema socio-assistenziale, ma anche e soprattutto in quello
socio-sanitario.
Il seminario ha contribuito ad approfondire le strategie di promozione e sostegno per i gruppi migranti, prendendone in considerazione il background: insieme all'illustrazione dei servizi proposti agli stranieri che arrivano sul territorio, l'iniziativa ha voluto anche riportare al centro i diritti di cittadinanza di questi soggetti che, appunto, al di là del luogo di provenienza, devono poter accedere ai servizi.
"L'intensificazione dei flussi migratori, ma soprattutto la
dilatazione dei tempi di arrivo sul territorio di passaggio o in
cui si intende rimanere, comporta ovviamente
una situazione di disagio per i migranti - ha commentato
il sindaco Matteo Biffoni - Importante, rispetto a ciò,
sarebbe un più solido raccordo tra i soggetti
deputati a gestire i luoghi di sbarco, quelli di frontiera e coloro
che si occupano della distribuzione di aiuto sanitario: solo in
questo modo, infatti, può subito esserci l'inserimento in un
contesto protetto come quello del SAI o di organizzazioni
che prendono in carico il disagio. Lo sforzo di
collaborazione deve essere costante - ha aggiunto Biffoni -
perché ci consente di offrire un tipo di accoglienza
migliore, ci permette di accompagnare l'individuo e
di condurlo verso l'obiettivo che ci siamo proposti: farlo
cittadino, renderlo autonomo e capace di muoversi con le sue gambe
all'interno della comunità in cui sceglie di vivere.
Più riusciamo a gestire in maniera corretta ed
efficace la fragilità, con una struttura ben organizzata e
ben specifica, più siamo in grado di dare risposte a tutti
coloro che arrivano sul nostro territorio".
"La sfera sanitaria è evidentemente una sfera che interessa anche quel 23% di persone che ufficialmente è residente sul nostro territorio e che non ha la cittadinanza italiana - ha dichiarato l'assessore all'Immigrazione Simone Mangani - La sanità pubblica è un diritto per chiunque e ogni individuo ha un bisogno specifico. In questo, nell'ambito della popolazione migrante ci sono dei bisogni dettati dalla condizione della migrazione, cioè dall'aver lasciato il territorio di origine. Di questo, gli uffici sanitari, gli enti locali e il terzo settore, si occupano e devono continuare a farlo: è un dovere, una necessità, approfondire anche questo aspetto".
gf
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